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Alcuni mesi fa, in un articolo pubblicato su questo blog, ho inoltrato alcune memorie su Orsanmichele, tra cui quelle di mia madre che frequentò la parrocchia di San Carlo/ San Michele nei lontani anni ’50, essendo allora residente in via Arte della Lana.
Nele ultime settimane sono tornato spesso a interrogarmi su quel luogo e su quel periodo della mia città, ma anche sul passato della mia famiglia. Trovo interessante ripartire dalle testimonianze della gente comune, cercando d’intravedervi dei non-detti, dei significati o delle possibili informazioni storiche, talvolta inconsce ai loro stessi vettori.
La mia curiosità è stata quindi rapita da alcuni “modi di dire” che sentivo spesso in famiglia, soprattutto dai nonni e appunto, dalla loro figliola.
Tra invocazioni tipicamente fiorentine come i vari “tirabaràlla”, “quel bischero di’ tu cugino” o “la mi’ nonna in carriola”, può capitare di sentir nominare, educatamente, anche quale santo o maria. Così a volte, quando qualcosa la sorprende, mia madre esclama ancora “Madonna delle Rose!”, o invoca “Sant’Isidoro Martire!” e altre “deità” con i loro epiteti …
Mentre sul riferimento a Sant’Isidoro permane un mistero assoluto (come ha origine un modo di dire del genere, legato a un santo il cui culto è così poco diffuso in Toscana?), l'abitudine a nominare la “Madonna delle Rose” potrebbe spiegarsi proprio con la frequentazione della zona di Orsanmichele. Nell’esterno dell'edificio esiste infatti una nicchia, voluta dall’Arte degli Speziali, dove è alloggiata la statua della Madonna della Rosa.
Che quel modo di dire si sia diffuso qui, in modo particolare, a causa della presenza della statua? L’ipotesi risulta plausibile anche alla settantacinquenne madre del sottoscritto … seppur resti incerta sulle origini dell’esclamazione.
A Orsanmichele si trovano altre importanti immagini mariane. Anzitutto la pala d’altare di Bernardo Daddi, custodita nella chiesa, erede di un’altra più antica, ritenuta miracolosa. Vi è inoltre una ceramica invetriata esposta sull’esterno, sempre su via de’ Lamberti, a una certa altezza; voluta anch’essa dall’Arte degli Speziali, era ben visibile dalla finestra della casa dei miei nonni, tanto che mio padre la fotografò molti anni fa.
È indubbio che, intorno a Orto San Michele, io percepisca ancora qualcosa di sospeso, sfuggente o inevaso. Forse sto consumando gli ultimi tratti di un complesso edipico? chissà. Si tratta probabilmente di una “questione personale”, almeno in larghissima parte.
Tuttavia, nel ricercare per molto, forse troppo tempo su un luogo o su un intreccio d'eventi che lì si verificarono, molti ricercatori avranno notato una sorta di “psichizzazione” del contesto. Viene a crearsi, nell’anima del ricercatore, un modello interiore di quelle circostanze, il quale permette di procedere, agire in modo intuitivo.
In certi casi il modello può, per così dire, rendersi autonomo: l’inconscio sembra appropriarsene e adattarlo a vari complessi.
Ciò può senz’altro avvenire nell’attività onirica o nella rêverie, dove quel luogo diventa un palcoscenico per ombre, maschere, defunti, figure archetipiche. Epifanie ma anche nascondimenti, e relativi sospetti.
La statua
La storia della Madonna della Rosa di Orsanmichele comincia con un dubbio sostanziale: non sappiamo precisamente chi e quando l’abbia realizzata, se non in modo ampiamente indiretto. Questa assenza di tracce/documenti è abbastanza rara per opere così in vista del XIV/XV secolo. Gli studiosi attribuiscono la scultura a Pietro di Giovanni Tedesco (1), o a Simone Ferrucci da Fiesole (2). L’originale, conservato oggi nel museo di Orsanmichele, fu sostituito con una copia già nella prima metà del XVII secolo.
L’opera fu commissionata dalla potente Arte dei Medici e degli Speziali, che vanta un’immagine analoga nel suo stemma - ma senza la Rosa. Nel gruppo scultoreo osserviamo la Vergine offrire al Bambino una rosa, in un’iconografia famosa ma abbastanza rara a Firenze. Gli Speziali, che come tutte le Arti avevano sede anche in Orsanmichele, furono tra le più influenti corporazioni fiorentine. Se ne diveniva membri per cooptazione o per diritto di nascita, attenendosi a un sofisticato ordinamento interno.
Violenze sulle Madonne
Questa Madonna è nota per un fatto increscioso avvenuto nel 1493. Un ragazzino «israelita» fece oltraggio alla statua, colpendo con un ferro il viso del bambino e imbrattando d’immondizia il volto della donna (3). Questa azione costò la vita al giovane che fu inseguito dalla folla e finito a sassate, come ricorda un’iscrizione sul basamento della statua.
Non si trattò di un evento isolato. La storia di quegli anni annovera altri fatti verificatisi intorno alle icone mariane, compreso tentativi d’aggressione ai tabernacoli.
Già a fine ‘400, la Madonna “della Pura” di Santa Maria Novella parlò a tre bambini che, secondo la leggenda, la stavano pulendo con delle canne … o rischiavano invece di deturparla?
Nel 1501 la Madonna dei Ricci in Piazza degli Alberighi, non lontano da Orsanmichele, ebbe addirittura il volto coperto da escrementi. Il colpevole, Antonio di Giovanni Rinaldeschi, venne imprigionato e condannato all’impiccagione. In seguito a questo fatto la venerazione per quella Madonna ebbe un notevole incremento (4).
Più avanti, a Orsanmichele, qualcuno avrebbe cominciato a sostenere che gli occhi della Madonna della Rosa si muovessero seguendo i passanti. Stranamente l’evento non fu interpretato esclusivamente come un miracolo, bensì come un segno di sventura per la città (5).
Probabilmente le circostanze si fecero in più occasioni pericolose per questa Maria … tanto che nel 1628 si decise di traslocarla all’interno della chiesa.
Per comprendere il perché di questi sentimenti complessi nei confronti delle immagini mariane, dovremmo forse contestualizzare gli eventi nei fatti storici del tempo e nell’incertezza politica di quel periodo. Ma, nel dettaglio, non sappiamo niente o quasi sulle reali motivazioni di coloro che compirono i gesti sacrileghi. Al contempo il “miracolo” dello sguardo sembra suggerirci un qualche tipo di diffidenza nei confronti di qualcuno o qualcosa legato alla statua, o presente nei suoi pressi.
‘Madonna delle Rose!’
Lo sguardo della Madonna della Rosa continuò a vegliare sulla gente di quei rioni attraverso la copia della statua, e chissà che il detto “Madonna delle Rose!” non sia legato a questa presenza. Quasi come se ancora i parrocchiani dello scorso secolo, tra cui gli stessi bambini che facevano catechismo nella chiesa e nei sotterranei di San Carlo, avessero ereditato, attraverso l’esclamazione, un qualche tipo di riverenza o timore per la figura.
Sono forse loro le “rose”? O rose erano altri? Il mio pensiero si sofferma ora su questa “virata al plurale”, da Rosa a Rose.
Confermo: intorno a certi luoghi sembra talvolta, agli occhi dei ricercatori più sensibili (o paranoici?), che qualcosa continui a sfuggire. Un nesso, una narrazione capace di dare nuova ispirazione alla ricerca e inedita coerenza a presenze date ormai per scontate dai residenti, così come letteralizzate da secoli di eruditismo. Qualcosa deve essere svelato in noi - e forse anche al di fuori. Così mi è parso in qualche modo interessante cadere nella debolezza di condividere questo intreccio d’impressioni, sospese tra storia reale e immaginario personale.
Di Orsanmichele ce n’è solo uno: «Orsanmichele c’è solo a Firenze», scrisse il Bargellini. Che cos’è stato, anche, Orsanmichele? Qual è la sua storia ulteriore o alternativa?
Pur avvinti nella fantasticheria e nella ricerca di configurazioni esistenziali personali, continuiamo a star vigili, aperti a possibili intuizioni e all’emergere di qualche informazione storica che potrebbe essere passata in sordina, ma che forse sta ancora lì, davanti ai nostri occhi o sotto i nostri passi, solo per essere ritrovata.
LP
Fiorendipità
ogni primo Marte-dì del mese
Note
1) Così leggiamo su Wikipedia.
2) Foresto Niccolai, I luoghi della devozione popolare, Tipografia Coppini, Firenze 2004, p. 88.
3) Ibid., pp. 88-89.
4) Ibid., p. 108.
5) Ibid., p. 89.
Foto della Madonna delle Rose tratta da catalogo.beniculturali.it/
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