Riflessione sulla fiorendipità

Questo primo-martedì avrei potuto parlare del disastro psicologico della Fiorentina, o del Bottaio a cui siam tutti debitori, o dello spettro di Marte o ancora di qualche santo nominato in qualche lapide. Ma il tempo era poco per ricercare e per una volta m'è venuto di parlare semplicemente di questo mio scrivere, oggi e qui.

Ecco dunque alcune precisazioni, dopo molti primi-martedì del mese in cui mi sono trovato a occuparmi di fiorendipità.

Questo blog è anzitutto un contenitore di paranoie, in secondo luogo un oggetto di "archeologia del pensiero".

È un luogo in cui veìcolo e trattengo un "parlare di firenze" che mi è proprio, che ho ereditato, con piacere ma anche con qualche stress, da altri fiorentini, uomini e donne, consanguinei e non, amici ma anche nemici, tipicamente appassionati, innamorati della città e spesso polemici verso tanti aspetti della cittadinanza.
In un certo senso, con questo blog io restituisco un trauma, e lo farò finché ciò sarà utile - forse per sempre, chissà.

C'è, chiaramente, altro: in questo blog ricerco su soggetti precisi e cerco comunque d'agire in modo positivo e costruttivo. Ma tutto sommato si tratta d'intuizioni, pennellate, spunti; talvolta esercizi di stile o test/prove per ricerche storiche e biopolitiche possibili.

Per quanto concerne il "cosa sia la fiorendipità", ribadisco semplicemente che è "la serendipità a Firenze"; e rimando a un vecchio articolo su P&A, estendendo perchè no il concetto a tutta Italia.

Questo blog non è visibile su google, se non attraverso altri siti già indicizzati. Chi sta leggendo non è arrivato qui direttamente da google - almeno ad oggi, questo non è possibile.
Sorvoliamo sul perché e per-come il crawler di google non visiti un blog pubblicato su una piattaforma che gli appartiene (blogger) ... tuttavia, questa situazione non mi turba più di tanto.

Il blog è invece ben visibile su Bing. Anche questo non mi dispiace perché Bing è un motore  in crescita, perché forse è meno lezioso di G. che è diventato complicato, fiscale, bizantineggiante.
Comunque sia, presto o tardi tornerò a detestare anche Bing.

Blogger è una piattaforma per certi versi obsoleta. È chiaro che, se dovessi andare avanti con questo mio scrivere, allora migrerei altrove (molti articoli sono comunque presentati anche sul sito di Press & Archeos).
Ma tutto sommato, anche questo limite non mi dispiace. Blogger mi ricorda una di quelle vecchie palestre desuete, lontane dal marketing e dall'attualità, dov'è possibile respirare ancora lo spirito della vecchia Ginnastica. Appunto un buon luogo per contenere paranoie ed esercitarsi alla ricerca, riprendere - spartanamente o anche francescanamente - un certo discorso di fondo, senz'altro personale, eppur condivisibile.

Infatti sento d'esser seguito dalle persone giuste. 

Così, il mio voto potrebbe essere quello di scrivere qualcosa su Firenze ogni primo martedì del mese, fino alla fine dei miei giorni.
È davvero possibile? È solo una provocazione? Una forma di narcisismo estrema, post-traumatica?

Ma non è forse l'esser nati fiorentini un trauma, di per sé?


 
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Un occuparsi della città da dentro e da fuori al contempo.
Lontano, generalmente, dai salotti e dagli eventi, dai comunicati stampa, dalle declinazioni che questi impongono alla cronologia.

Cosa succede dietro a quei muri, mentre osserviamo porte, persiane e finestrelle dai corsi e dai vicoli? 
Non sempre è possibile, né giusto, accedere, partecipare, appartenere a qualche appartenenza.
È bene invece rivalutare e far proprio questo misurato restar-fuori.

Lasciare che le ombre riprendano il posto occupato da individui che non suscitano in me nessun interesse.

Come un dandy che vaga per la città ma senza entrare mai in un museo, un ristorante, una loggia, percorro viali e vicoli, seguo schemi essenziali, l’essenza custodita dai contorni lapidei.
 
Ciò che è nei salotti non è paesaggio.
Certo, capita d'entrare, apparire, darsi, ed è come un bilico: si scruta, si osserva, si carpisce.
Si è gioviali, si apprezza, si vuol bene. Ma non si appartiene.
 
È, questo mio, un esser dentro ma senza perdersi? È un farsi paesaggio?
Senz'altro la politica, se senza poesia, resta esclusa da quel paesaggio.

Dire la città da questa posizione oscillante che, nelle notti vagabonde, sembra neutralizzare antichi meccanismi.

Così la cittadinanza è colta poeticamente, le pietre ci parlano e noi siamo pietre. La città si dà per quello che è il suo più intimo linguaggio: la poesia dei lampioni, dei manti stradali, delle scritte sui muri, delle biciclette dissellinàte, delle pisciate.
E c'è sempre la pietra in fondo, e di mezzo.
 
La “cosa muta” - sorta di fantasma politico - celata dietro la cittadinanza, si fa esperibile solo per un attimo,
prima di mimetizzarsi nuovamente nelle giustificazioni della storia.

LP
Fiorendipità
ogni primo Marte-dì del mese

 


 

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