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Che gli Etruschi praticassero un sesso libero e spavaldo non è una novità, la prova ne sono le immagini provenienti dalle tombe ipogee, esplicite sino alla pornografia e con evidenze omosessuali. Ma in vari casi incontriamo semplicemente immagini di coppie di uomini che condividono un banchetto, ciascuno adagiato sul suo triclinio: viene da pensare che questi antichi avessero chiaro il concetto di amore socratico, originario della Grecia dei filosofi.
Di questo tipo di amore fu baldo difensore Benedetto Varchi, uno dei tanti "intellettuali gay” che vissero nella Firenze rinascimentale. Abbiamo approfondito la conoscenza di questo personaggio qualche anno fa, durante uno studio preliminare sul rapporto tra Etruschi e Rinascimento (1). In effetti il Varchi si occupò anche di Etruschi, nel corso della sua ricerca linguistica (siamo negli anni successivi alle importanti pubblicazioni di Gelli e Giambullari), soprattutto nel suo libro più noto, l’Hercolano.
Ecco un ennesimo caso di fiorendipità, stavolta ulteriore a questioni attinenti a luoghi e monumenti, orientato sull’archeologia del pensiero e dei pensatori. Occuparsi di personaggi come il Varchi significa perdersi in un intreccio di relazioni, rimandi, approfondimenti, polemiche, relazioni, inciuci … che ci dà l’idea del brulicare del paesaggio fiorentino e che offre connessioni e spunti inediti alla conoscenza media, pretestuosamente acculturata, della città.
La famiglia del Varchi era oriunda di Montevarchi ma il padre, ser Giovanni, era fiorentino a tutti gli effetti nonché procuratore dell’arcivescovado. Benedetto ricevette la sua formazione umanistica da Gaspare Mariscotti da Marradi e a diciotto anni si trasferì a Pisa per studiare giurisprudenza divenendo procuratore e notaio. Dopo la morte del padre, rimasto erede di una notevole sostanza, si dedicò esclusivamente alle Lettere.
Repubblicano, seguace degli Strozzi, dopo il ritorno dei Medici il Varchi lasciò Firenze. Fu esule a Venezia, Padova e a Bologna. Nel 1543, dato fondo alle sue sostanze, finì per accordarsi col duca Cosimo, come altri esimi studiosi. Tornato a Firenze ebbe incarichi onorifici e successivamente, nel 1558, ebbe in dono la villa della Topaia sopra Poggio Secco (loc. Castello), dove un tempo esisteva una tomba etrusca.
Sarà stata questa vicinanza con gli antichi Etruschi,
"irrimediabilmente persi nei godimenti" del paesaggio, ad esaltare una
condotta libertina e omosessuale. Potremmo dire che gli
amori del Varchi, spesso al limite della pederastia, siano andati di
pari passo e in parallelo alle numerose produzioni letterarie.
Spesso, proprio nelle sue poesie, troviamo tracce evidenti di queste
vicende e dell'amore per i suoi “ragazzi”. Gli "etruschi fanciulli" furono fonte d'ispirazione costante di questo autore.
Da Giovannino Pazzi, il cui padre fece persino accoltellare il nostro, a Giulianino Gondi, morto in una rissa per strada; da Lorenzo Lenzi, destinato a carriera ecclesiastica, a Giulio Strozzi, con la famiglia del quale ci fu infine rottura ... a causa di un libro mai restituito dal Varchi.
Finalmente a Firenze, eccolo alle prese con il quattordicenne Giulio Della Stufa, di cui ci è pervenuta una curiosa lettera in cui il ragazzo si difende rimettendo al suo posto l’arzillo studioso:
(...) Vorrei ancora, come più volte ho dettogli, che se la mi fa alcun
sonetto, come quello in risponsta, che mi mandò stamani, non usasse
certe parole come dir "Qual fiamma entro 'l mio cor arde e
riluce", perché costoro pigliono poi in quella parte, che più
a lor piace queste parole (…) E così [lo quel raconcio, che V.S.
ha fatto in su'l mio sonetto, che diceva "del Santo Amore"
et lei ha fatto "del santo ardore", che di quello m.
Agnolo, quando lo sentì leggere, disse: "Che amor è questo!
che ardore!". Tanto che a me piacerebbe più lasciarlo star
"amor", per più honesto (…)
Questi “battibecchi” sono esposti dettagliatamente nel sito di Giovanni Dall’Orto, storico autore di Free Firenze ed altri interessanti libri. (2)
Soprattutto a Firenze, dove il mondo dei poeti era radicato, potente e persino (forse) organizzato in proto-logge, l’atteggiamento del Varchi fu oggetto di derisione e d’ogni genere di "frecciata". Il Grazini apostrofa il Varchi per la sua passione per “i poetini”, il Muzio sostiene che i suoi sonetti "tirano alla impudicitia et alla immonditia". L’Ammirato parla di “amori fanciulleschi”, il Crasso sostiene infine che questi, “benché platonici da lui chiamati venivano, gli scemaron con tuttociò molto dell'acquistata reputazione, aggiungendosi à questi andamenti il decader nelle sue composizioni”.
L’apice fu toccato forse con una serie di sonetti dedicati a Pallade Rucellai (decenne) e con l’amore per il nobile Cesare Ercolani, conosciuto a Bologna.
Proprio l’Hercolano, scritto negli anni del massimo splendore cosimiano, è l'opera più nota del Varchi, pubblicata postuma nel 1570, in seguito a una carriera forte di una Storia di Firenze, numerose letture dantesche e molto altro.
L’Hercolano afferma l’importanza del volgare fiorentino sostenendo che la lingua deve essere quella vivace di un popolo e non quella degli aulici letterati; il trattato consiste in un dialogo fra lo stesso Varchi e il conte Ercolano che discutono sulla lingua greca, se questa sia più o meno ricca del nostro volgare. Varchi coglie l’occasione per elencare centinaia d’espressioni fiorentine, tutte attinenti al “favellare”, nessuna delle quali aveva un corrispondente greco: questo rese l’opera graditissima a Cosimo e agli amanti delle cose toscane, dimostrando inoltre che gli Etruschi avevano imposto il loro sigillo prima dei Greci e dei Romani sulla lingua volgare (come nel caso dell’“aspirazione” tipica della pronuncia toscana).
Un intreccio interessante, quello della personalità di Benedetto Varchi, che per tutta la vita difese l'amore socratico mentre cadeva continuamente preda della lussuria; e che conferma l’incredibile libertà ed ampiezza di spirito dell’ambiente fiorentino. Ancora una volta viene da chiedersi “Perchè proprio qui”? magari ricercando qualche spiegazione in fattori ancestrali, eredità archeologiche (sfighe e fortune, potenze e impotenze) custodite dal paesaggio etrusco e riattivate, nel bene o nel male, ogni volta in cui abbiamo guardato al passato, alla nostra antichità.
LP
Fiorendipità
ogni primo Marte-dì del mese
Note
1) Etruschi e Rinascimento, Press & Archeos, Firenze 2018
2) https://www.giovannidallorto.com/biografie/varchi/varchi.html
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