Da Marte a San Zanobi. Fantasie su una colonna

Cosimo e Donald, Firenze e il sogno americano

La primavera è alle porte e Firenze anche quest’anno si riempirà di visitatori d’ogni nazionalità. Oltre le banalità e al di là degli aspetti più superficiali, credo che da parte anglosassone e soprattutto per molti americani questo interesse per la città abbia origini profonde, in un certo senso identitarie.

Talvolta è come se i visitatori ricercassero le ragioni profonde di un modo di essere. Mi riferisco a una suggestione che, passando per il settecentenario dantesco e per l'incremento post-pandemico del turismo, aveva già avuto un apice nella riscoperta internazionale della Firenze dei Medici con serie tv, libri, mostre interattive, iniziative d’ogni genere. Qualcosa che spinge a pensare che il “sogno americano” abbia qualche legame con la fiorentinità.

Ma questo rapporto è raramente considerato e indagato, almeno da parte italiana-fiorentina, anche se capita di leggere qua e là che “Firenze è la culla del capitalismo” o altro di simile, in riferimento a eventi persino due-trecenteschi, al Fiorino, alle banche e ai commerci. Il paradigma sembra realizzarsi nella figura di Cosimo il Vecchio e di pochi altri Medici: uomini capaci d'emergere e imporsi attraverso l’imprenditoria pur rispettando, almeno nell'apparenza, i tratti repubblicani e democratici della società. Tanto che ultimamente ho sentito affermare da un fiorentino di tutto rispetto qualcosa come “Donald Trump è una sorta di Cosimo il Vecchio riveduto per i tempi attuali”.

L’idea di un “Tycon alla fiorentina” (o viceversa) è sinistra ma può incuriosire, come certi "ragionamenti per assurdo" che aiutano a evidenziare nessi particolari, talvolta sfuggenti.

 

Il sogno

L'american dream è un concetto profondamente radicato nella cultura e nella storia degli Stati Uniti ed è facile pensare che un americano abbia la tendenza a proiettarlo su circostanze e figure che si avvicinano alla propria sensibilità. Consiste, in breve, nella speranza che attraverso il duro lavoro, il coraggio e la determinazione sia possibile raggiungere un migliore tenore di vita e la prosperità economica. Nel XX secolo le grandi personalità dell’industria e dell'imprenditoria divennero icone del "sogno" che col tempo si è volto quasi esclusivamente al successo economico.

L’idea che il capitalismo e il "sogno americano", o più generalmente "dell'Occidente", abbiamo qualche radice nella Firenze dei Medici corrisponde a una tradizione alquanto aperta, letteraria e non solo, fatta di grandi scorci come di dettagli sorprendenti. Pagine sparse di scrittori non solo americani, comunque anglofoni, da De Sismondi a John Ruskin, da John Hicley a Oriana Fallaci, solo per dirne alcuni.

Ultimamente mi è capitato di sfogliare un libro come Italian Republics di Sismondi, ereditato da mio nonno e "sottolineato" da mio padre, in cui capita d'imbattersi in notevoli aperture a Firenze. L'autore, che aveva vissuto prevalentemente in Svizzera, Francia e Inghilterra, è stato uno dei maggiori interpreti della storia italiana per il mondo anglosassone e internazionale.  

«Nevertheless, among the italian cities was one which, above all others, seemed to think justice more than of peace … Florence was the city where the love of liberty was the most general and the most constant in every class …» (1). E ancora, nonostante Sismondi fosse di recondite origini pisane: «when the Pisan [e altri] became habituated to trusting the government to a single person, the Florentine became still more attached to the most democratic form of liberty. In 1282 that removed the anziani, …» (2). Fino a giungere al Rinascimento con toni ulteriormente accesi.
Si tratta di un esempio tra i tanti, credo rapparesentativo delle sorgenti da cui si è abbeverata una diffusa necessità.

A impressioni del genere, senz’altro fondate ma talvolta un po’ cariche, fa da catalizzatore, in questo caso come in altri, la bellezza, dunque la
restorativeness incontrata dai viaggiatori giunti a Firenze e in Toscana. Un'affascinante inelusione ha trattenuto qui molti di loro (3), tanto da considerarsi parte integrante del tessuto immaginario della nostra regione.
Potremmo dire che l’americano, con la sua presenza, la sua villa, la sua ricerca, il suo ritmo esistenziale, sia ormai un iconema del paesaggio del territorio fiorentino e di tutto ciò che è all'ombra della cupola, non meno del contadino
«perduto, felicemente, immemorabilmente perduto» (4) nei pressi del suo campo, dei suoi cipressi o del suo covone.

Motivi in più per non meravigliarsi se nel 2020, a Davos, in occasione del Forum Economico Mondiale, Donald Trump abbia affermato:
«Secoli fa durante il Rinascimento degli operai hanno guardato verso il cielo e hanno costruito opere che ancora oggi toccano il cuore degli esseri umani. Oggi le strutture più grandiose del mondo sono state costruite secoli fa, in Italia, ad esempio, il Duomo di Firenze, un progetto che ha richiesto oltre 100 anni, un posto davvero incredibile. Per completare questo progetto i mecenati della città avevano dalla loro parte creatività e immaginazione».
«Non possiamo mettere limiti ai sogni e alle ambizioni. Non dobbiamo pensare a quello che abbiamo costruito oggi ma a quello che lasceremo quando non ci saremo più. Dobbiamo andare avanti con fiducia, senza paura e con una visione del futuro».

A queste frasi seguì il tweet entusiasta del guelfo Matteo Renzi.

Vi è uno stupore per Firenze, da parte del mondo definitivamente occidentale: una fascinazione non sempre facile da comprendere per noi fiorentini, spesso così "anestetizzati dalla bellezza".
Ma lo sguardo americano resta a suo modo
viziato, forse proprio a causa di quelle similitudini nella “forma del sogno”; quasi come se i flussi, coincidendo e disturbandosi, laggàssero nella loro concettualità.

Io credo possa essere realmente utile condividere impressioni a proposito del questi vizi, per quanto "macchiaiole" possano risultare a qualcuno. Ma sia chiaro: le mie considerazioni non hanno pretese esaustive e si tratta di bozze d'opinioni. Si trova un libro in casa, si chiacchiera con un fiorentino davanti a un bicchiere, ci si lascia guidare dall'intuito - insomma, la fiorendipità!


Cosimo e Donald 

Nel cuore del Rinascimento italiano la Firenze dei Medici fu un crogiuolo di idee, cultura e innovazione. In questo contesto emersero alcune forme di capitalismo e forse - forse - l’embrione di ciò che sarebbe diventato il sogno americano.

Cosimo il Vecchio, patriarca della famiglia de' Medici, fu un abile uomo d’affari. I Medici svilupparono senz’altro nuove pratiche bancarie, anche se è eccessivo sostenere che abbiano inventato le lettere di credito o le cambiali (si dice che quest’ultime le utilizzassero già i templari, fiorentini e non; e a tal proposito ho altrettanti dubbi, mi perdonano gli amici massoni).

Senz’altro i Medici e, prima, altre famiglie fiorentine come Bardi, Peruzzi, Mozzi, Acciaiuoli, favorirono gli scambi commerciali, l’espansione delle imprese e la crescita economica. Come gli altri e ancor più, i Medici furono mecenati, soprattutto delle arti e delle scienze. Cosimo finanziò artisti come Brunelleschi, Donatello, Masaccio ed altri.
L’arte era, di fatto, il primo mass-media dell’Italia del tempo. Le opere avevano la fama di film-colossal, gli artisti erano come registi o molto di più; la narrazione della costruzione della grande cupola di Santa Maria del Fiore,
con Pippo Brunelleschi protagonista (5), affascina ancora oggi. Tutto questo era, e ancora è, la “televisione” o meglio la trasmissione dei Medici.

E noialtri siamo tutti "figli di Pippo" - con qualche sublime brivido d'inquietudine.

Insomma, Cosimo il Vecchio fu il primo signore de facto di Firenze, anche se la città mantenne formalmente un sistema repubblicano. Non ricoprì cariche ufficiali ma gestì lo Stato attraverso uomini di fiducia. La sua politica moderata gli permise di mantenere il potere per oltre trent’anni. Fu però odiato e combattuto dai suoi rivali e rischiò tantissimo, per sé stesso e per i suoi cari. Fu imprigionato nella torre di Palazzo Vecchio, avrebbe potuto essere defenestrato. Fu esiliato. Dunque tramò e tornò vincente, ricominciando a tessere sottilmente le sue trame.

Donald Trump, al contrario di Cosimo e come Berlusconi, è sceso in politica e non si è limitato a manovrarla nell’ombra. Si è distinto, e si è infine imposto, per una retorica audace e per politiche spesso divisive.
Il Tycoon è stato il 45º presidente degli Stati Uniti d’America dal 2017 al 2021. Ha guidato l’azienda di sviluppo immobiliare Trump Organization che ha investito in altri settori come editoria e media. Come non occuparsi di trasmissioni? Il suo patrimonio stimato è di circa 2,5 miliardi di dollari nel 2023.

Interrogando IA, che immagino abbia accesso a testi "moderati", leggiamo: «Nonostante le promesse di ripristinare il sogno americano, Trump è stato coinvolto in controversie riguardanti la sua ricchezza, i suoi affari e la sua condotta personale. La sua presidenza è stata caratterizzata da una forte polarizzazione e da una crescente sfiducia nelle istituzioni. Alcuni ritengono che le sue politiche abbiano aumentato le disuguaglianze e indebolito il tessuto sociale».


L'alberghetto, la cella-prigione nella torre di
Palazzo Vecchio dove fu rinchiuso anche Cosimo, nel 1433


Insomma,

Trump non è quello che potremmo definire come vero e proprio mecenate: del resto i mass-media sono cambiati molto e l'arte, ad oggi, non è da considerarsi tra i più efficaci.

Ma,
ribaltando il raffronto, possiamo dire che anche i Medici, quei Medici, non fossero anime pure in preda all'ispirazione. Loro, che hanno vinto - e la storia la scrivono i vincitori - erano essenzialmente - all'origine - degli usurai e dei banchieri, spesso senza scrupoli, con tendenze protezioniste (6), sempre pronti ad arruolare e a corrompere, incontrollabili e sanguinari in caso di vendetta. 

Se c'è qualcosa d'utile nella supposta, improbabile analogia, sta forse nel suggerirci che il germe del sogno ha anche un aspetto negativo, che la sua essenza ha sotto-sotto dell'irrequieto, del riottoso e velatamente sovversivo. Un nodo esistenziale capace di condurre il sangue a vette e abissi, a cose buone e assai meno buone.

In barba alle differenze di contesto e di superficie, la prospettiva "trumpiana" sembra appropriarsi d'un germe di fiorentinità, forse agganciandosi al suo lato più sinistro che poi, nella pratica, corrisponde all'ingaggio di una sfida a priori al potere costituito; a una narrazione dai tratti originalmente radicali e personalistici, in cui è possibile volgere a far del "bene" solo dopo che si è scesi "a patti col male" e si è vinto sull'umanità restante.

È un punto che io credo decisivo, pur senza entrare nel merito della storia dei grandi personaggi. Entrambi, còsimi e tycons, tendono a rischiare la loro immagine, il loro io, direi il loro stesso corpo per perseguire il proprio “sogno” (7).

Ed è esattamente ciò che nessuno ha più voglia di fare da queste parti, tantomeno a Firenze.

LP
Fiorendipità
ogni primo Marte-dì del mese




Note

1) J. C. L. de Sismondi, A history of the Italian Republic, Longmans, Green and Co., London 1832, p. 83.

2) Ibid., p. 113.

3) Rimando ai miei appunti sul paesaggio etrusco, ne Il Fattore E, Press &Archeos, Firenze 2020.

4) G. Agamben, L'uso dei corpi, Neri Pozza, Vicenza 2014, p. 127.

5) È risaputo che nelle fonti Filippo Brunelleschi compaia talvolta come Pippo Brunelleschi.

6) M. Caso Chimenti e L. Papini, La legislazione medicea nelle raccolte dell'Archivio di Stato di Firenze (1532-1737)", collana ITTIG-CNR, Serie "Studi e documenti", n. 8, Napoli, ESI, 2009.

7) Sembra consista in una caratteristica dei "duci", e non solo. Interessante un articolo di Marco Belpoliti su  www.doppiozero.com/il-corpo-di-pannella


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