Da Marte a San Zanobi. Fantasie su una colonna

 
Per quanto possa passare quasi inosservata in una piazza già ricca di presenze notevoli, la Colonna di San Zanobi resta uno dei monumenti più curiosi della città.
Siamo a Firenze in Piazza San Giovanni, in un luogo perennemente affollato di turisti, in cui di solito si guarda ad altro e in alto. Se si è fiorentini si passa veloce, indaffarati, limitandosi a una lesta constatazione della bellezza tutto intorno.
Eppure quella colonna ha sempre attirato la mia attenzione, anche se non ho mai avuto modo di compiere ricerche approfondite. D'altronde già in molti hanno scritto sulla leggenda di San Zanobi che è una delle tante curiosità fiorentine, care a guide e ricercatori locali, sulle quali è difficile affermare qualcosa di più.
Ma giorni fa, camminando accanto al monumento, ho notato qualcosa che mi ha ricordato un episodio curioso ed eccentrico: un’interpretazione che mi fu suggerita molti anni fa e che mi sento di condividere, con qualche giocosità.


Storia e leggenda


Secondo la tradizione al posto della colonna esisteva un olmo che nell’inverno dell'anno 429 cominciò a fiorire, dopo essere entrato incidentalmente in contatto con le reliquie di San Zanobi, mentre queste venivano traslate da San Lorenzo a Santa Reparata per volere del vescovo Andrea.
L’evento resta un fatto ancestrale, più leggendario che realistico, frutto di una modulazione agiografica espressa dopo il Mille. Ma è certo che in epoca remota le reliquie del santo venissero traslate nella cattedrale, dopo essere state custodite per molto tempo in luoghi sicuri.
L’opinione di alcuni storici, espressa anche in un nostro libro, collega la traslazione delle reliquie a un altro vescovo di nome Andrea, ponendo il fatto nella seconda metà del IX secolo (1), quando un piccolo esercito di vichinghi terrorizzò le città lungo l'Arno, depredando Pisa e minacciando Firenze e Fiesole (la chiesa di San Lorenzo era fuori-porta).

In seguito l’albero fu sostituito dalla colonna, un monolite d'origini insondabili, scelto per ragioni a noi ignote.
Sappiamo che la colonna di Zanobi fu trascinata via dalle acque durante l’alluvione del 1333, come avvenne ad altri antichissimi monumenti come la Statua di Marte; al contrario di quest’ultima, la colonna fu recuperata integra e «rassettata». Fu dunque posta la corona in ferro, la croce sovrastante (quella originale è conservata nel Museo dell’Opera del Duomo) ed altri abbellimenti. In seguito fu scolpita sul fusto l’iscrizione in caratteri gotici, a ricordare l’evento miracoloso, con qualche incongruenza nei riferimenti della datazione.
Nella stessa epoca l’immagine di Zanobi si diffondeva come uno dei protettori ancestrali di Firenze: il miracolo dell’Olmo veniva rappresentato in luoghi come Orsanmichele, dove è ancora visibile.
La colonna cadde in altre occasioni, come durante le preparazioni della festa di San Giovanni nel 1501 (ne parla il Richa). E fu restaurata più volte, anche in tempi recenti.


Il “varco”

Anni fa ebbi modo di chiacchierare di questa colonna con un signore che aveva l’abitudine di compiere ricerche parapsicologiche. Un uomo distinto e molto serio, ma con un hobby senz’altro pericoloso, soprattutto quando si confonde con la ricerca storica …
In breve, costui sostenne che la colonna di San Zanobi segnalasse, per atavica necessità, un luogo pregno d'energie dove era avvenuto qualcosa di speciale e dove poteva aprirsi qualcosa come un “varco” per un’altra dimensione … o qualcosa del genere!
Ora, chiunque abbia fatto ricerca ed editoria occupandosi di storia antica e medievale, sa che ogni tanto capita di imbattersi in interpretazioni del genere, sconfinanti nell’esoterismo. Generalmente - se ho tempo a disposizione - lascio che questi discorsi facciano il loro corso, con qualche spasso, pur tenendomene misuratamente al di fuori.

Si trattava, in questo caso, di uno di quei ricercatori che hanno percorso l’Italia e non solo, nelle decadi a cavallo tra fine e inizio millennio, collezionando foto di presunte croci templari, contando le dita dei piedi della madonna negli affreschi, trovando allineamenti e solium in ogni dove, scambiando vecchie trincee o tane di tasso per tombe etrusche, ecc. … Studiosi instancabili che nel loro fantasticare hanno avuto il "merito" di ricercare instancabilmente, mettendo insieme una quantità sorprendente di piccole scoperte, mentre altri stavano chiusi nei loro istituti in attesa dei prossimi contributi.
Così, talvolta, elementi e intuizioni utili si sono mostrati ai miei occhi in modi bizzarri, tutti da riordinare ma certamente interessanti se presi singolarmente, al di fuori di certi disegni fantasiosi senza i quali, comunque sia, non si sarebbero rivelati.
Ma perché fissarsi proprio su quella colonna e intenderla come la copertura di un sinistro “varco”?
Che san Zanobi sia anche il protettore dei "chiavaioli" (per motivi non completamente chiari, 2), è forse una semplice curiosità o coincidenza; e non credo che ciò potesse essere noto all'amico esoterista.

Fantasie del genere ci suggeriscono, a modo loro, che non possiamo avere certezze assolute sull’origine della sacralità di particolari luoghi o monumenti. E che se vogliamo provare a dire qualcosa di più, confrontarci con un passato ancestrale e generalmente scollegato dalla storiografia, è necessario usare un po’ d’intuito: il “varco” ... se vogliamo intenderla così.
Poi, certamente, non è detto che questo sia sempre necessario; inoltre possiamo scegliere, saggiamente, di tenerci le nostre “visioni” per noi. In altri casi qualcosa ci spinge a scrivere / dire qualcosa di più.


L’origine della sacralità


Noi non possiamo dire di conoscere, con assoluta certezza, cosa si ponga all’origine della sacralità del luogo-punto preciso della colonna di San Zanobi. E non è detto che essa dipenda originariamente da un evento, ancestrale o quasi, svoltosi in seguito a una traslazione. Oltretutto, nella metà del primo millennio e nei secoli successivi, le tradizioni attinenti alle reliquie non avevano la portata simbolica che acquisiranno in seguito; e per larghi tratti le traslazioni furono addirittura vietate (3).

Sappiamo dal vescovo San Lorenzo d’Amalfi (XI secolo, riportato da Ughelli) che le reliquie di Zanobi furono traslate in Santa Reparata dalla chiesa di San Lorenzo, dove erano custodite in una cassetta di marmo a lato dell’altare. E che durante questa processione “un certo albero che la sua bara toccò durante il trasporto, sbocciò immediatamente”. Al tempo in cui il vescovo scriveva, non esisteva però una tradizione di celebrazioni dell’evento miracoloso, come la festa annuale del santo, celebrata in un’epoca successiva. La sua prima traccia incerta è del XII (un appunto sul codice delle Rubricae ecclesie fiorentine, 4), e risulta chiara solo dal XIII (codice Mores, 5).
Eppure abbiamo a che fare con una colonna molto, molto antica, che potrebbe realmente provenire da un edificio della prima Florentia e la cui esistenza suggerisce eventi e presenze ulteriori.
Ci sorprende, e ci ispira all’indagine, il fatto che la colonna sia probabilmente la stessa eretta molti secoli fa. E che dopo le alluvioni e gli incidenti essa non sia stata sostituita.



Una colonna marziale?

Se fosse vero che la colonna giunse da un edificio romano, è possibile che sia stata presa dai resti di un tempio non lontano o che sia riemersa dal terreno circostante.
Una tradizione autorevole, che ha tra i suoi esponenti l’Alighieri, sostiene che il tempio di Marte si trovasse nel luogo del San Giovanni, dove invece l’archeologia ha rintracciato una domus romana. Ma è possibile che una cosa non escluda l’altra e che nei pressi esistessero più edifici e/o stratificazioni.

È opinione diffusa tra i ricercatori locali che il tempio del Marte romano si trovasse poco fuori dalla Porta Aquilonarum, nei pressi di San Lorenzo, forse proprio sulla collinetta dove sorse la chiesa. Tra lì e il San Giovanni esistevano probabilmente dei “Bagni di Marte”, nominati in un’epigrafe ricordata da Corinto Corinti (6). Il Battistero e San Lorenzo distano poche centinaia di metri e possiamo dire che quella fosse terra marziale. Vi è poi l’ipotesi che la struttura originaria del Battistero fosse essa stessa commemorativa d'un evento militare: la vittoria di Silicone sugli Ostrogoti, avvenuta nel 405 a Fiesole.
La colonna di San Zanobi proviene forse dal tempio di Marte, o da un edificio facente parte del complesso sacro-marziale? Questa potrebbe essere emersa durante la messa in posa delle fondamenta di un nuovo edificio, forse dello stesso San Giovanni.

Pensiamoci: se lì un tempo "era tutto di Marte", di un dio antico quanto connesso alle radici della cittadinanza, con quale coraggio si sarebbe potuto eclissarlo senza lasciare traccia della sua presenza? Intorno al Mille era ancora consuetudine mantenere segni delle preesistenze cultuali, per salvaguardare una continuità immaginaria che favorisse la frequentazione e l'assimilazione.
Il monolite di Zanobi ha a che fare con Marte? Può darsi, ma resta semplice fantasia. Piuttosto credo che questa persistenza tradisca una sorta di sincretismo capace d'attraversare le epoche, dal paganesimo al cristianesimo fino - ehm... - alla newage.
La colonna vuole stare lì, e guai a rimuoverla. Si erge, ad affermare una direzione, un senso, un significato ormai fluttuante, vagamente veicolato dalla leggenda del vescovo fiorentino.
Nel corso dei secoli è risultata indistruttibile e inscalzabile, un po’ come la “pietra scema” (nome dato dal Villani alla Statua di Marte) che si trovava nei pressi di Ponte Vecchio e che suscitò moti d’animo sino al Basso medioevo.
Pur cadendo più volte, la colonna di San Zanobi non si è mai spezzata. Le acque l’hanno risparmiata. Essa sembra voler testimoniare qualcosa d'irriducibile, una sorta di "numero primo".



Cosa sarebbe potuto avvenire in quel luogo preciso, in antichità? Sappiamo che la zona di Piazza del Duomo era considerata sacra già da tempi immemorabili. Spesso, subito fuori dai templi, si trovava l’altare adibito ai sacrifici. Innumerevoli gli esempi: da Fiesole a Populonia, da Cortona a Roma, da Selinunte a Olimpia.
L’altare sacrificale è di per sé un luogo d’interscambio tra dimensioni, dove avviene il trapasso dell'anima e dove il fumo delle beste sacrificate ed arse nutre gli dèi. È in effetti anche un luogo di varco, non a caso più elevato rispetto al pavimento cittadino. Un portale, spesso caratterizzato da particolari orientamenti e inscritto in un recinto circolare.

Rispetto al centro del Battistero (luogo di un antico tempio?) la colonna traccia una direzione verso Nordovest, riprendendo la direttrice della centuriazione romana di Firenze. Quella è anche la direzione del vento maestrale che soffia spesso nella grande piazza.



Mancanze e manchevolezze

È chiaro che potremmo immaginare molto altro, sino alla farneticazione. Un fulmine caduto in epoca remota, un delitto efferato lì compiuto o sentenze di morte eseguite, l'esistenza di un boschetto sacro, ed altro ancora.
Più “semplicemente”, la colonna potrebbe essere uno quei simboli totemici, polarizzanti, che restano a ricordare la presenza irreversibile del dio-eroe cittadino, a monito così come a protezione di/dal potere sovrumano.
E, in ciò, essa richiede riti e atti sempre nuovi; com’è un atto e un rito, in fondo, anche scrivere un articolo come questo.

Curioso che queste impressioni emergano alla mia coscienza solo oggi e che il ricordo delle tesi di quell’irrequieto esoterista sia rimasto pressoché sepolto nella mia memoria, finché appunto giorni fa un altro episodio me lo ha riportato alla coscienza:
C'era un gruppo di giovani turisti raccolti intorno alla colonna, tra cui una ragazza che aveva avuto una sorta di svenimento e che stava lentamente recuperando, aiutata dai compagni, mezza sdraiata sui gradini del basamento della colonna di San Zanobi.

Che quella figliola, prima di riprendersi, sia fatta un breve “tour” in un’altra dimensione?

LP
Fiorendipità
ogni primo Marte-dì del mese


Giulio Salti, veduta su Piazza San Giovanni.
La colonna di San Zanobi si anima in pennellate macchiaiole,
quasi come fosse una presenza antropomorfa.



Note
1) Guido Tigler, Il Battistero e il Pantheon,
in Firenze prima di Arnolfo. Retroterra di grandezza. Atti delle conferenze, dal 14 gennaio 2012 al 24 marzo 2015, a cura di Timothy Verdon, Mandragora, Firenze 2016, p. 38.
2) Questo argomento riguarda un nuovo testo, in corso di scrittura da qualcuno che collabora alla ricerca. Confidiamo di poterlo  pubblicare in futuro.
3) Una sintesi utile su Conosci Firenze, https://www.conoscifirenze.it/schegge-di-storia/540-La-Colonna-di-San-Zanobi.html
4) Ibidem.
5) Ibidem.
6) Sul tempio di Marte si veda anche Atlante archeologico di Firenze, a cura di Mario Pagni, Polistampa, Firenze 20120, pp. 148-149.






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