Da Marte a San Zanobi. Fantasie su una colonna

In su la porta di casa sua


Introduzione al Trattatello onirico

Che l’archeologia della città non sia fatta solo di pietre e immagini, monumenti e personaggi, ma anche di qualcosa che si riscontra negli umani viventi, è per me un dato di fatto. A tal proposito si può dire molto d’interessante, ma a incuriosirmi in modo particolare è una certa parte o livello della cittadinanza, dal potenziale energetico notevole quanto insondabile.
Alcune persone somigliano - lo dico con qualche ironia - a potenziali reperti o “fossili viventi”. Hanno vite e lavori normali, sono sportivi o tifosi, vanno al pub e giocano alla playstation, spippolano sui social ma al contempo il loro cuore, nel profondo, è intriso di un’antica, medievale riottosità, pronta a debordare, nelle notti urbane, in particolari circostanze.

La capacità di gestire un certo limite, oltre il quale si scivola in una coazione a-cronologica, è ciò che differenza, da una groviglio di reperti confusi, alcuni splendidi individui capaci di stabilire preziosi tramiti con il passato. Costoro rendono realmente vive le tradizioni, facendole proprie senza divenirne strumenti. Ma in altri casi, il suddetto limite salta - o non c’è mai stato. E questo avviene spesso anche sotto il vessillo della “fiorentinità” (per questo io preferisco la fiorendipità…). Ciò che avviene intorno al Calcio ne è un’esempio, ma rappresenta solo la precipitazione, capitalizzata su larga scala, di circostanze più varie, antiche o arcaiche, tradizionali o selvagge.
Materiale per antropologi o peggio per chiacchieroni, si dirà; finché queste tensioni non vanno a toccare le persone o le cose a te care.


Proposizione

Così, in un periodo in cui si parla tanto di problemi di sicurezza, di gente allo sbando, di violenza, e soprattutto ultimamente di femminicidi… allora forse una conoscenza del dettaglio storico potrebbe aiutare.
Perché in fondo certa gente non è diversa, anzi è peggio, dei vari Geri, Corso, Lapo che si sono ammazzati a Firenze nel Trecento, quando anche Dante e i suoi dovettero stare belli accorti.
C’è sempre qualcuno che ha fatto uno sgarro. C’è sempre una donna sola, a rischio, da qualche parte. C’è sempre un Poeta o un amore non corrisposto. C’è sempre il Grasso che s’impone sul Minuto. E c’è sempre qualcuno che rischia d’essere menato «insù la porta di casa sua» (1).
Questo è quello che successe a Geri di Bello, o al suo assassino, o ad altri nell’antica città; ma in fondo potremmo parlare di un qualsiasi Mario, Giovanni, Lorenzo, Francesco, ecc.


A proposito di un Geri

La storia, ora, può essere quella di un Geri un po’ speciale, che aveva deciso d’aiutare una donna della sua fazione, in difficoltà: amica o amata, cugina o collega che fosse.
Riassumento, l’uomo di questa tizia, un tipo grosso e abbastanza cocciuto, aveva distrutto i mobili di mezza casa durante una discussione di coppia, per poi scomparire lasciando lei traumatizzata e la situazione in sospeso.
Nel frattempo il contorno umano aveva preso connotati, appunto, medievaleggianti. Immaginate questo scorcio d’a-cronologico Trecento: attorno ai due s’erano create fazioni di parenti, conoscenti, compagni di qualcosa o di qualcos’altro.
E insomma, l’impressione è che potesse succedere di peggio in qualsiasi momento.

Geri, da bravo amico e splendido coglione, noncurante dei pericoli s’offrì di “assistere” la ragazza, passando molte sere a far da guardia e ad ascoltare le sue confidenze, cercando di contenerle, cercando di aggiungere parole giuste, incoraggianti, persino sdrammatizzanti e variopinte.
Entro breve fu chiaro che lei, d’animo guerresco non meno dei suoi parenti, più che di protezione o analisi, aveva bisogno di espellere, parlare e parlare…in notti in cui, altrimenti, difficilmente avrebbe trovato la pace necessaria per dormire una sola ora.

Geri cominciò a porsi seri dubbi quando la donna, per la terza sera di seguito, finì col fare una specie di monologo pieno d’odio, dai toni sempre simili, fissando nello sguardo l’amico ma parlandogli come fosse il violento ex fidanzato.
Un limite era stato superato. Lei si rivelò modellata, in buona parte, con la stessa pasta di lui. La sua unica speranza era in una specie di vendetta verso il mondo e verso gli uomini, per la quale la fazione si stava già organizzando.
Lei stava già spolverando la mazza. Lei era un fossile.


A giro e in chiesa

In una delle mattine successive l’uomo si fece due passi nel quartiere: forse le negatività assorbite dovevano essere sciolte in qualche modo.
Entrò nella chiesa davanti a casa di lei, su una corte come potrebbe essere quella della chiesa di San Martino, e poco più tardi arrivò alla Badia Fiorentina.

Quariere di Dante visto dalla Torre di Arnolfo


Qui osservò gli affreschi nella cappella di sinistra: sembravano figure di uomini e donne che si organizzano per una vendetta, la protagonista e le sorelle sdegnate e irrequiete, il padre di lei col volto arcigno e adirato, infine il colpevole trascinato e...impiccato.
Erano, in realtà, Storie di Nostro Signore, e quindi di Giuda e altri; ma Geri ebbe una specie di forte proiezione: gli sembrò di vedere svolgersi la vicenda della sua amica, la vendetta perpetrata, dalla fazione di cui faceva parte, verso il riottoso fidanzato.
E qualcosa lo colpì duramente.


Insight

Il punto è che, semplicemente, Geri non c’era: lui in quella rappresentazione non era nessuno.
Mentre sull’ex-fidanzato erano state spese parole infinite, fino a tarda notte...di Geri nessuna traccia.

Sì perché nella storia di una persona, che magari per noi è davvero importante, si può scoprire improvvisamente di non essere niente di realmente significativo.
E diciamolo, non-esserci non è mai divertente. Non far parte della Storia, nonostante tutto e nonostante un certo ruolo “di profondità” che si credeva d’aver avuto. Nonostante l’aver gestito con cautela sé stessi, l’aver accettato, con un lavoro non indifferente, un ruolo tutto sommato secondario.

“Io avevo fatto brillare quel ruolo” pensa Geri, ma è solo un contenitore, un depositario, quindi uno scrittore, un annotatore…nel migliore dei casi un poeta.
In pratica, è più importante la mazza.


Epiloghetto tragico e ri-trasposizione

Nel frattempo la vendetta ebbe il suo corso. L’ormai ex-fidanzato si prese qualche legnata o comunque fu sistemato per bene. Rese quello che doveva rendere, si cosparse il capo di cenere digrignando, se ne andò a testa china...a farsi una vita con la sua nuova amante.
Tuttavia, quando venne a sapere che Geri aveva passato alcune notti in casa della promessa sposa, qualcosa d’antico gli scattò nella mente. Forse aveva bisogno di un capro espiatorio, forse aveva esagerato con qualcosa o qualcos’altro, e/o forse nella sua mente medievale aveva avuto accesso, con l’intuizione, a qualcosa di indicibile.
Fatto sta che quest'uomo violento aspettò Geri «in su la porta di casa sua» e lo menò di santa ragione. Forse lo uccise. Chissà?
Questa è solo uno degli infiniti racconti possibili che potremmo collocare tra i vuoti della storia…e in certe notti urbane.

Poi, se con un salto di livello, da quel Geri torniamo a un Geri più famoso, figlio di Bello Alighieri, e alla porta di casa sua, si dica pure che su quella soglia ci morì davvero. E che quella casa poi tornò alla famiglia e, secondo alcuni, a Dante d'Alighiero.
Comunque vada, del poveretto resta poco e niente, salvo una timida, cupa comparsa all’Inferno. Se ne va evitando d’incontrare  Dante, borbottando qualche ingiuria tra i denti.

Non sappiamo perché quel Geri sia stato ucciso, durante le tensioni tra le fazioni. Ma possiamo ipotizzare che abbia fatto il suo lavoro. E che il riconoscimento non fosse stato granché.
Ad aspettarlo, qualcosa come il nulla. E poi si sa, le città a volte ti "inghiottiscono”.


Morale utile ai ragazzacci

Ma diciamo pure che ogni brava figliola ha il diritto di farsi il suo inferno, stare col suo tipo e da lui farsi chiudere in cucina o altro, foss'anche fino a farsi distruggere casa in qualche impeto di gelosia; e poi cercare vendetta come fosse sesso, nella totale ignoranza delle chiese al di là delle finestre.
Consumare così tutta questa fatidica fiorentinità.

E cosa dovremmo fare allora in questi casi, cari poeti o picchiatori che siate, comunque in preda a qualche intenso sconforto o magari a qualcosa di peggio?
Penso che si debba saper raggiungere il nulla, creativamente, prima che il nulla raggiunga te.
Ebbene sì: a volte ciò che ci chiede la coscienza è scomparire, perché quella persona, libera cittadina o cittadino, ha il diritto, talvolta il dovere esistenziale, di non averci nella sua vita.

Toccare il fondo, schivare la banalità, rimbalzare e riattaccare altrove. Trasformare questa sofferenza in qualche forma di creatività. Usare il linguaggio dell’arte che, per definizione ontologica, corteggia il nulla stesso.
Il viaggio ìnfero - si spera il più breve possibile e ben accompagnato - dev’essere intrapreso con coraggio, come fosse catarsi che può favorire rinascita.

Del resto, mai sottovalutare un uomo creativo e padrone di sé. Ad esempio la tastiera, che «è come una mitragliatrice» (così diceva l’Oriana a proposito della macchina da scrivere!), a volte può aiutare a voltar pagina…e non solo.

Nella Badia le figure di Cione di Nardo, emergenti da ampi tratti d’affresco perduto - da un’intonaco bianco che corteggia un nulla freddo ma accogliente - hanno ancora qualcosa d'importante da trasmetterci.

LP
Fiorendipità
ogni primo Marte-dì del mese


Quariere di Dante visto dalla Torre di Arnolfo

Note

1) Anna Franchi, Le case degli Alighieri, in La Lettura, a. XXI, n. 10, ottobre 1921

Commenti