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Li propongo nella sostanza di un "work in progress", consapevole della matericità delle concettualizzazioni.
Nel corso
delle suddette ricerche (pubblicate principalmente ne "Il fattore E") ho
già approfondito come, la partecipazione al territorio e alla sua
immagine, influenzasse il “paesaggio interiore” degli abitanti
d’Etruria; e che in sostanza l’Etrusco, per come lo intuiamo mediamente
oggi, coincida con un fattore che “scaturisce” dal paesaggio,
sovrapponendosi prospetticamente alla realtà degli antichi.
C’era
quindi da osservare cosa ne potesse essere di questo “demone” al di
fuori dell’Etruria: là dove i rassicuranti colli pre-appenninici
lasciano spazio alla pianura, agli acquitrini, al “mare interno” del Po e
dunque alla grande avventura del Nord, dove i Rasna furono protagonisti
di un’espansione politica ed economica.
Al di fuori del “grembo”
d’Etruria, l’Etrusco trova un contatto ulteriore e diversamente creativo
con sé stesso; e ciò che prima era in-eluso sembra improvvisamente, per
qualche tratto, illuminato e accessibile. Forse una sorta di
"etruscità" fondamentale.
Ecco dunque che la metafora della
colonizzazione, così come quella della reintegrazione, splendono di
nuova luce e legano l’Etruria Propria con l’Emilia e la Lombardia in un
abbraccio simbolico, con la possibilità di una reciproca rigenerazione.
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