La noia e l’Egitto, i gatti e il Chianti. Passando per Fiesole


Negli anni ’80 gran parte dell’estate per me era una noia. Molte settimane le passavo a casa dei nonni in campagna, senza amici o quasi mentre i genitori erano impegnati in città. Una situazione vissuta da molti, che capiranno. Gli unici compagni di gioco erano mio fratello e un certo numero di gatti. Riuscivo a comunicare molto meglio con i secondi che con il primo.
A dodici anni, una domenica sera di luglio, mio padre mi lasciò tra le mani due volumi di Erodoto, per poi tornare a Firenze.

Il segnalibro era piazzato sulla leggenda di quei migranti lidi che, guidati da Tirreno, giunsero in Toscana per diventare Etruschi; ma in quei giorni di noia mi misi a leggere un po’ tutto. Conobbi le vicende degli altri Lidi, di Creso, dei Persiani e soprattutto degli Egizi, tutto quello che i sacerdoti raccontarono a Erodoto. Le loro complesse genealogie, discendenze, eredità, ritualità; l’incredibile analogia tra divinità egizie e greche, già chiara in quei secoli lontani, senza doversi perdere nella psicanalisi archetipica.

 

Papiro di Ossirinco, contenente il frammento di un passo di Erodoto, II sec. d.C.

 

Così, accerchiato dalla noia, essendo connaturato a «riflettere le ricerche nella ricerca», cominciai io stesso a scrivere sul solo "popolo" che avevo a disposizione: quello dei gatti del giardino, che vivevano e si riproducevano intorno alla casa dei nonni da molto tempo.
Compilai un piccolo trattato su un quaderno e realizzai, con l’aiuto inaspettato di mio fratello, un complesso albero genealogico dei gatti del Chianti. Dai capostipiti Nerina e Gedeone, ai più recenti, fino al giovane Arturo che era divenuto fiorentino, passando per Filippa, Ciobi, Max, Gedeone II … e così via. Sembrava di scrivere dei Persiani o degli Egizi ... invece erano semplicemente gatti, con i loro buffi nomi, le loro vicende semplici e complesse al contempo.
Conservo ancora quell’albero genealogico in cui si sviluppa la discendenza di molte decine di gatti; l’ho ritrovato casualmente, mentre cercavo tutt’altro. La solita serendipità.

A distanza di molto tempo, e dopo essermi interrogato non poco sull’essenza del materiale storico, ho l’impressione che quelle ricerche fossero animate da rara autenticità, in gran parte perduta nel caso di ben altri scritti saggistici.
La storia è semplicemente «lo studio dei fatti del passato dell'umanità» o esiste un fondamento ulteriore, che ha a che fare con le strutture narrative ma che, pur forgiato dallo sguardo umano, può godere di una misteriosa indipendenza da quest’ultimo?
Come ritrovare — ammesso sia possibile — una connessione diretta con quel fondamento, con quella magia primigenia?

Per dar risposta a questi strambi turbamenti di fine estate, potremmo ripartire proprio dalla storia magica del Gatto e quindi dal suo rapporto con l’umano esoterismo. In effetti a distanza di molti anni realizzo — non ne ero consapevole da ragazzino — che i gatti fossero considerati molto importanti nell’antichità, e soprattutto nell'antico Egitto.
Nella terra del Nilo esistono persino delle necropoli di felini sacrificati alla dea Bastet, ma anche semplicemente “aristogatti” defunti e mummificati, spesso insieme ai propri padroni: i gatti erano considerati sacri e sacrificabili, o anche amati come compagni di vita.
Le necropoli dei gatti, come quella del Bubasteion nei pressi di Saqqara, sconcertano per la loro vastità con tombe curiosamente ricche, contenenti abbigliamento e gioielli felini.

Una mummia di gatto è conservata anche a Fiesole, nella collezione del Museo Etnografico dei frati Francescani.
Si tratta di un ex-voto giunto in Toscana all’inizio del Novecento insieme ad altri reperti egizi raccolti dai frati e da donatori illustri. La collezione egizia del convento si forma infatti dal 1923, anche grazie ai rapporti con Ernesto Schiaparelli, già direttore della sezione egizia del Museo Archeologico di Firenze e poi del Museo Egizio di Torino.


 Mummia di Gatto, Museo Etnologico di S. Francesco, Fiesole

 

Negli ultimi anni il reperto è stato oggetto di un’indagine specifica. Tra il 2022 e il 2023 un team interdisciplinare (CNR, Università di Firenze e AUSL Toscana Centro) ha eseguito una TAC ad alta risoluzione, trasformando le bende in un “corpo virtuale” osservabile senza manomissione: la scansione ha rivelato lo scheletro completo, lesioni alle vertebre cervicali e alle ossa degli arti; l’assenza di oggetti di pregio nelle bende e dettagli utili a definire età e pratiche d’imbalsamazione.

Seguendo le vicende della mummietta fiesolana, non posso non ripensare alle mie ricerche sui gatti chiantigiani degli anni ’80. In queste per gioco, come nell’antico Egitto per rito (ma in un certo senso, che differenza c'è?) i gatti erano stati umanizzati, nella misura in cui la figura eroica-divina somiglia già all’uomo. Oppure è la storia che, per così dire, può “gattificarsi” in particolari circostanze?
Senz’altro, molti dei ricercatori storici che conosco, scrivono circondati dai gatti.

Ma insomma, qual’è la chiave d’accesso al primigenio fascino della mitografia, nei nostri giochi isolazionisti odierni, come nella complessità della decadenza tolemaica, e in tante altre condizioni esistenziali?
Posso evitare di dilungarmi, ma è certo che la soluzione sia da cercare anche e soprattutto nella Noia. Egizia, chiantigiana, tardo-estiva, gattosissima, esotericìssima.
E quindi, nelle risposte che diamo a essa, fino a ereggere un baluardo chiamato ricerca.

Stracolmo di gatti, ovviamente.

LP
Fiorendipità
Ogni primo Marte-dì del mese