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«Dopo molte parole spese in proposito, potremmo ormai sostenere che già nel momento in cui riflettiamo sul concetto di paesaggio
una certa percezione – tutt’altro che originaria – dell’esistenza tenda
in qualche modo ad “andare in tilt”, aprendo l’orizzonte a una libertà
ideale e gestuale ulteriore.
Questa apertura, il suo corteggiarla con
l’arte, la scrittura, le prassi umane, acquisisce valori specifici in
Etruria, dove un antico popolo visse un rapporto di grande reciprocità
con il proprio paesaggio, di cui i moderni, dal Rinascimento, cercarono
di recuperare i paradigmi alimentando un immaginario la cui autenticità
trascende il mero dato storico.
Con questo testo ho cercato di
fermare una ricerca avviata anni fa nei colli della Toscana centrale,
estesa poi a tutta l’Etruria con il pretesto dell’enosofia, per tornare a
testare, infine, una connessione con l’intimità della domanda iniziale:
perché così tanto, di questa rinascenza, è avvenuto proprio qui, innanzi al paesaggio etrusco?
Ho
tentato quindi un superamento di quelle in-elusioni favorite
dall’armonia paesistica stessa, così perseguita e tutelata soprattutto
nei territori delle colline plioceniche e vulcaniche d’Etruria, in cerca
delle tracce di un meccanismo creativo originario, un “rivolgimento” su
cui s’impronti lo spirito del potenziale genio etrusco.»
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l'Etrusco nel suo paesaggio |
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